
Oggi parliamo di uno Strega tra i più carini degli ultimi anni. Già perché non sempre il romanzo vincitore dello Strega è un racconto facile da leggere e coinvolgente, insomma, un “bel racconto”, anche se molti avrebbero da discutere sulla categoria di “bello”, ma diamola per scontata.
“Le otto montagne” di Paolo Cognetti è un bel racconto. Ti prende e ti porta a vedere luoghi che non conoscevi e se li conoscevi, te li fa vedere in modo più autentico. Ti fa avvicinare, ma con discrezione. Non ti butta in un’altra realtà, ci entri tu, salendo il cammino un passo dopo l’altro.
E soprattutto in compagnia, perché la storia della montagna è soprattutto una storia di amicizia. Laddove il tempo scorre lento, gli uomini sono pochi e distanti tra loro, l’amicizia è preziosa. Come è prezioso il voler conservare antiche abitudini e un modo di vita diverso da quello urbano. Non diverso per un periodo, per una vacanza, ma diverso in modo strutturale. L’amico di Pietro è un eroe di oggi, uno che vuole vivere come ieri. Ma non c’è posto per lui oggi.
E allora la montagna è un luogo e un non luogo. Uno spazio interiore e uno spazio comunitario che non è il nostro. C’è posto per la montagna tra noi?
L’anno scorso, Cognetti ci ha regalato un altro libro sulla montagna, “Senza mai arrivare in cima”, il gusto di andare, andare e basta.
Non ci ho trovato il sapore della nostra di montagna, quelle dell’Asia sono diverse; il luogo che abitano nello spirito è un altro, e questa differenza che è bella emerge confrontando i due testi, è palpabile, sincera.
Due catene di montagne: le Alpi e l’Himalaya. Spesso con entrambe si sono sperimentati gli stessi protagonisti, gli stessi alpinisti. Come gli Appennini e le Ande di cui ci ricordiamo. Entrambe brulle e sfuggenti. Ma il paesaggio che abitano nel cuore è diverso. Ed è nel cuore la montagna.
Commentate il libro sul blog di Ninetta Pierangeli , io e i lettori del sito saremo felici di sapere se andate in montagna, e soprattutto, con chi e perché.
resto perplesso