
Il commissario Baleni indaga
di Danila Marsotto
Ho letto questo giallo, questo, direi, romanzo di indagine. C’è il delitto, la bella insegnante d’arte uccisa con un vetro di bottiglia, c’è il commissario Baleni, e quando uno è poliziotto è poliziotto sempre, ci sono gli amici del commissario: don Ercole, il prete di Papigno, e Danilo Invernizzi, il questore di Terni. E poi c’è la bellezza: la bellezza di Monica Nardi, la vittima, e la bellezza delle stelle. Si vedono bene dalla canonica che è in cima alla rocca del paese. Avvolgono la ragazza ferita come un mantello. Come il mantello di stelle che avvolge le statue delle Madonne. E la bellezza si insinua anche fra i moventi del delitto: la bellezza di Isabella d’Este, ritratta da Leonardo. Un ritratto disegnato su un foglio: un originale del genio rinascimentale o un falso?

Intorno a tutto questo ruota l’indagine del commissario, ma c’è un ultimo e forse più importante amico che gli suggerisce la strada da prendere: il gabbiano. Come la Farfalla di Dinard di montaliana memoria, il gabbiano ispira il commissario e non lo lascia mai solo.
Tra le strade e le finestre romane, da cui l’autrice scrive e dove Baleni ha la sua autentica questura, i gabbiani non sono più dei forestieri che vengono dal mare, ma sono diventati degli animali autoctoni, inseriti nel tessuto urbano, sparsi tra il fiume e i secchioni dell’immondizia. Non lo lasciano solo Baleni. Ce n’è sempre uno con lui: a Roma, a Papigno, a Terni.

Mi piace pensare che queste indagini di Baleni sia un gabbiano a raccontarle a Danila Marsotto, affacciato da una terrazza del foro romano o mentre col becco garrisce e poi agguanta rapido l’avanzo del pane sul tavolo del balcone. Mentre le stelle stanno a guardare. Le stelle in parallelo, nella incredibile foto di copertina scattata da Renato Cerisola.