Le reali possibilità per uno scrittore esordiente di pubblicare il proprio libro
In questo post ‘Passeggiate Letterarie: Il basilico di palazzo Galletti’ è possibile riflettere su un modo personale di analizzare un testo che ci rende consapevoli di molteplici aspetti di un’opera letteraria.
Forse uno scrittore esordiente potrebbe leggere con attenzione le analisi dell’autrice autorevole di codesta rubrica. Sono sicuro che un’attenta lettura può tornare utile per rivisitare il proprio manoscritto con una più accurata analisi. Un augurio cordiale a tutti gli esordiente per un successo letterario.
MARIA ROSA GIANNALIA
Il basilico di palazzo Galletti
di Giuseppina Torregrossa
PASSEGGIATE LETTERARIE: Il basilico di palazzo Galletti
Il genere giallo
Il genere giallo incontra da sempre il favore del pubblico dei lettori, incuriositi forse più che dal plot narrativo, dall’essere chiamati in causa dall’autore – quando quest’ultimo sa essere coinvolgente – nella risoluzione dei casi di assassinio. Per questo si dice che il genere giallo “prende”, e questa affermazione è tanto più vera quanto più si constata il pullulare sempre in crescita di scrittori che praticano questo genere narrativo.
Naturalmente ci sono gialli e gialli e in questo genere Giuseppina Torregrossa non sfigura certo avendo già a suo carico una serie di romanzi che hanno incontrato molto successo di pubblico.
Ora questo libro di cui vado a parlare si caratterizza per almeno tre elementi: la lingua utilizzata, la città raccontata, il tipo di omicidio che vi si tratta.
PASSEGGIATE LETTERARIE: Il basilico di palazzo Galletti
La città
La città è Palermo con tutto il portato della sua cultura e natura: un ambiente immerso in cumuli di immondizia che stazionano ad ogni angolo di strada, persino presso i condomini acquartierati dentro sontuosi palazzi aristocratici che testimoniano di una bellezza trascorsa nei secoli precedenti a questo attuale e che hanno conosciuto l’incanto della vita signorile, dello sferragliamento di carrozze nobiliari dove ci si immagina di vedere scendere bellissime donne in vesti eleganti e raffinate al braccio dei gentiluomini di cui era piena la città sei-settecentesca.
Solo che questi palazzi sono adesso in disarmo: i conci di tufo giallo sono sporchi e sbriciolati, le architravi pendono di traverso con gli stemmi erosi dall’abbandono, gli scaloni che si affacciavano negli atrii d’ingresso olezzanti di fiori di plumeria bianca screziata di giallo o rosa virante al giallino, sono scomparsi, i balconcini tortili e bombati in ferro battuto, elegantissimi nel loro sporgersi dalla facciata verso la strada, sono divelti dai loro incastri e ormai impraticabili. Al loro posto rimane uno stantio puzzo di immondizia che staziona spessissimo fuori dai portoni dei palazzi, lo strombazzare delle auto e il vociare dei richiami e dei rimandi dei commercianti e dei passanti.
Ecco è questo l’ambiente in cui Torregrossa ospita il lettore, quella Palermo cioè del centro storico che ha dismesso per incuria e viltà i discendenti dell’antica nobiltà, per accogliere l’accozzaglia di nuovi inquilini che hanno trasformato i piani nobili in piccoli alloggi per famiglie numerose.
Ovviamente qualche palazzo si salva. Non per sua intrinseca bellezza ma per interesse di lucro di nuovi acquirenti o di eredi che hanno deciso di sfruttarne la posizione centrale per legarla ad un uso più profittevole atto alla mania della trasformazione turistica del centro storico, così come avviene per quasi tutte le città d’arte.
In mezzo a questo cambiamento cialtronesco si salva solo qualche palazzo che non subisce il cambio dei connotati e mantiene una certa sua malinconica bellezza. In uno di questi palazzi abita la protagonista del romanzo, la vittima designata, Giulia Arcuri, figlia dell’alta borghesia cittadina, che ha voluto allontanarsi dal cliché della casta cui appartiene disdegnando di abitare nella zona nuova di Palermo che ospita ormai tutta la buona borghesia che d’estate si trasferisce nei villini al mare. Nello specifico: nei villini, come i palermitani tendono a definire con una diminutio linguistica le dimore lussuose in stile liberty di Mondello.
PASSEGGIATE LETTERARIE: Il basilico di palazzo Galletti
La storia
Giulia ha scelto di andare ad abitare nella zona antica della città a ridosso della villa Garibaldi vicinissima al famigerato palazzo Steri, un tempo sede del terribile Tribunale della Santa Inquisizione. Nel palazzo Galletti, appunto, che, tra l’altro risulta totalmente disabitato e di pessima fama essendo stato precedentemente adibito a bordello e tuttora abitazione di un’unica “buttana” che staziona nell’ingresso principale in quella parte diroccata che tuttavia lei considera la sua abitazione. E’ lei l’unica persona con cui la flessuosa e bellissima Giulia ha un rapporto umano vero. Ed è con lei che Giulia condivide la passione per le varie specie di basilico che si affacciano rigogliose lungo il bovindo dell’appartamento che ha fatto ristrutturare. Queste piante di basilico costituiscono, per Giulia Arcuri, non solo un elemento ornamentale ma un vero e proprio oggetto di lussuria nelle cui foglie lei, donna bellissima, ama immergere il suo volto e carpire il profumo afrodisiaco che ne esala.
Giulia Arcuri è afflitta da una patologia grave : uno xeroderma pigmentoso che le impedisce di esporsi alla luce del sole. Vive chiusa nel suo appartamento che ha fatto modificare con uno stile arioso e lussuosamente semplice, con ogni oggetto di designer pensato ed acquistato con cura. E’ una donna che vuole vivere nella bellezza come è bella lei stessa, leggera, affusolata, avvolta in vestaglie bianche e leggere quasi fatti d’aria. Insomma un oggetto di libidine di lusso. Ma nel contempo vittima di un desiderio d’amore irrisolto che le arrovella le giornate già arroventate dallo scirocco d’agosto e dal sole crudele che secca la città alla ricerca di refrigerio.
Viene trovata morta nel suo appartamento in una strana posizione in camera da letto. E questo è il dispositivo drammatico che innesca tutta la serie di indagini volte a scovare l’assassino.
La protagonista
Questo tema dell’indagine in realtà porge il destro alla protagonista, commissaria Marò, di entrare in rapporto con i suoi superiori i quali le affidano questo caso come fosse un femminicidio, anziché un semplice omicidio. Del che Marò, commissaria nominata ad hoc, si rammarica grandemente, poiché sente questo incarico come un declassamento a quel ruolo che di default i maschi tendono ad attribuire alle donne come loro peculiare competenza, come se queste fossero incapaci di affrontare casi più difficili e magari non precisamente legati al femminile.
Marò tuttavia non smentisce le sue capacità professionali e riesce a vedere la complessità laddove altri colleghi vedono la semplicità di facciata.
Marò è una donna intelligente ma inquieta: inserita perfettamente nel suo ambiente cittadino, mal ne sopporta certe sfumature, soprattutto quelle legate alla supponenza dei colleghi o a quella, meno giustificata dell’ambiente con cui si trova a doversi rapportare.
Sasà
E’legata sentimentalmente a Sasà, commissario di polizia egli stesso ma lontanissimo dall’immaginario collettivo palermitano che tutto giustifica, anche le vistose trasgressioni all’idea di ordine e di legalità da parte degli stessi uomini di legge. Il personaggio di Sasà costituisce la nota diversa nella costruzione del sistema dei personaggi che abitano il romanzo: è leale, ligio al suo dovere di poliziotto, e non ama gli scimmiottamenti delle culture culinarie diverse da quella a cui è abituato. In questo, il suo contrasto con Marò diventa la cifra della incompatibilità tra sé stesso e la donna e forse tra sé stesso e la palermitanità.
E’ un diverso, dicevo, e come tale è destinato a non fare carriera, a ricoprire ruoli sempre marginali dove la sua intelligenza non può che svelare l’inettitudine dei colleghi. Insomma Sasà è un perdente.
Il valore del libro
Il valore di questo libro che non vuole essere nient’altro che ciò che è, cioè un intelligente romanzo giallo, io lo riscontro – malgré lui -nella forte connotazione di appartenenza di tutti i personaggi descritti con maestria e verosimiglianza al di fuori di tutti i cliché cui certe narrazioni di ambiente siciliano ci hanno abituato.
La “parlata”
L’uso insistito della parlata di Palermo non è rigidamente dialettale ma declinata in una forma dove la sola sintassi si allontana dalla lingua italiana per farsi sermo cotidianus e accogliere il lettore all’interno di questa grande madre , Palermo, un po’ splendida, un po’ lurida e un po’ puttana ma sempre magnificamente accogliente, umana, disponibile all’ascolto dei sentimenti dell’altro. Lontana dall’indifferenza e disposta sempre ad includere anche la diversità nella forma antica della pìetas.
Nota biografica
Laureata in medicina alla Sapienza di Roma, con una tesi sperimentale sulla risposta del feto alle stimolazioni acustiche endouterine, Giuseppina Torregrossa consegue la specializzazione in ginecologia e ostetricia e un dottorato di ricerca in perinatologia. Ha esercitato la professione al policlinico Umberto I a Roma.[1]
Ha esordito come scrittrice a 51 anni, nel 2007, con il romanzo L’assaggiatrice. Passata a Mondadori, nel 2009 ha pubblicato Il conto delle minne.
Con il monologo teatrale Adele ha vinto nel 2008 il premio opera prima “Donne e teatro” di Roma. Nel 2013 è finalista del premio Fedeli, mentre nel 2015 vince il Premio letterario internazionale Nino Martoglio e il premio Baccante.
Impegnata nel volontariato, è vicepresidente del Comitato romano dell’Associazione per la lotta ai tumori al seno (ALTS), e responsabile del programma di prevenzione dei tumori dell’apparato riproduttivo nel carcere femminile di “Rebibbia” e di “Termini Imerese – Palermo”.Nell’ottobre 2017 è indicata come assessore ai beni culturali della Regione Siciliana dal candidato del centro sinistra alla Presidenza, Fabrizio Micari, che però alle elezioni giunge solo terzo.
Opere
- L’assaggiatrice, L’Iride, 2009
- Il conto delle minne, Mondadori, 2009
- Manna e miele, ferro e fuoco, Mondadori, 2011
- La miscela segreta di casa Olivares, Mondadori, 2013
- A Santiago con Celeste, Nottetempo, 2014
- Il figlio maschio, Rizzoli, 2015[
- Cortile nostalgia, Rizzoli, 2017
- Al contrario, Feltrinelli, 2021
- La Santuzza è una rosa, Feltrinelli, 2023
- Stivali di velluto, Rizzoli, 2024,
Serie di Marò Pajno
- Panza e prisenza, Mondadori, 2012
- Il basilico di Palazzo Galletti, Mondadori, 2018
- Il sanguinaccio dell’Immacolata, Mondadori, 2019
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppina_Torregrossa
Scrittore basco, nasce a San Sebastián nel 1959 e compie gli studi di Filologia ispanica all’Università di Saragozza[1].
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