Maria Rosa Giannalia
Un’isola nell’isola: essenzialità e malinconia in ‘PROCEDURA’ di Salvatore Mannuzzu
In questo articolo ci occuperemo di uno scrittore sardo che pochi conoscono.
Come nel primo articolo, anche in questo caso rimarremo nell’ambito isolano. Questa volta l’isola è la Sardegna e lo scrittore è Salvatore Mannuzzu, un sardo che della sua terra mantiene l’essenzialità del linguaggio e il distacco emotivo.
L’opera di cui desidero parlare è Procedura romanzo catalogato (a torto) all’interno del genere giallo. Se sceglieranno di leggere questo romanzo, gli amanti di questo genere, avranno parecchie sorprese poiché Mannuzzu non può essere avvicinato per affinità ad alcuno dei numerosi romanzieri giallisti che nell’isola hanno trovato grande spazio e molto successo di lettori specie in questi ultimi dieci anni.
Sarà perché il genere giallo, oggi come mai prima, ha parecchi devoti – prima di tutto tra gli scrittori e poi tra i numerosissimi lettori che tributano preferenze (e acquisti) – anche in Sardegna molti autori giallisti si cimentano continuamente con il genere , tanto che alcuni di essi ormai si sono a ragione collocati nel panorama letterario nazionale ( Marcello Fois, Piergiorgio Pulixi, ultimamente anche Flavio Soriga e, prima di loro, Salvatore Niffoi e Giorgio Todde e altri).
Però Salvatore Mannuzzu ha una sua cifra letteraria connotativa che lo separa dalle narrazioni più, diciamo così, conosciute, e lo colloca in una nicchia di lettori esigenti e raffinati, così come raffinata è la sua scrittura.
Cenni biografici
Salvatore Mannuzzu nasce a Pitigrnano (GR) nel marzo del 1930. Figlio di sardi, si trasferì presto nell’isola a Sassari dove esercitò la sua professione di magistrato oltre a quella di scrittore e politico.
Fu magistrato fino al 1976 e in seguito deputato per tre legislature consecutive, come indipendente nelle liste del PCI. Visse a Sassari.
In età giovanile, nel 1960, pubblicò un romanzo sotto lo pseudonimo di Giuseppe Zuri: Un Dodge a fari spenti (ora Ilisso 2007). Dal 1988, a partire da Procedura (Premio Viareggio) 1989, diede alle stampe con successo una decina di romanzi presso Einaudi.
Nel 2000 il regista Antonello Grimaldi trasse il film Un delitto impossibile dal suo romanzo Procedura, che è pure considerato (con il coevo L’oro di Fraus di Giulio Angioni), all’origine di un filone di narrativa sarda gialla (o noir sardo).
https://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Mannuzzu
Procedura
Di Salvatore Mannuzzu ed. Arcipelago Einaudi 2015
Scritto nel 1988, il romanzo “Procedura” colloca Salvatore Mannuzzu nel novero degli autori sardi contemporanei portatori di innovazione nel panorama letterario nazionale, così come si può leggere anche in Wikipedia.
In realtà alcune recensioni e quarte di copertina attribuiscono il romanzo che Mannuzzu scrive al genere giallo. Ma di questo genere letterario, il libro non ha le caratteristiche, essendo piuttosto un vero e proprio studio romanzato su comportamenti, sensazioni ed emozioni oltre che sentimenti di un insieme di personaggi che agiscono e/o si lasciano vivere in una Sassari del 1976, sonnolenta e disperante città di provincia. In questa città il protagonista, un magistrato, viene mandato , si intuisce, per punizione, ad indagare sulla morte di un collega – Valerio Garau- inspiegabilmente morto dopo avere sorbito un caffè al bar del tribunale, in compagnia di una collega sua amante. Questo il fatto che dà avvio alla “procedura” per mettere ordine ai fatti.
Nel sottofondo la storia dell’Italia degli anni ’70: il sequestro Moro, ad opera delle brigate rosse, di cui, nella cittadina di provincia, isola in un’isola, arriva un’eco ovattata e smorzata.
Lo spunto iniziale porge il destro all’autore per fare muovere il suo personaggio, che non viene mai nominato, attraverso strade fredde e quasi surreali, alla ricerca di indizi, motivazioni, spiragli di luce, atti a condurlo non tanto alla soluzione del caso quanto, piuttosto al sondaggio e alla comprensione dell’animo umano.
Così, in una girandola di uomini e donne, tutti con legami più o meno stretti con il morto, il magistrato, con indolenza e, a volte, fastidio, dipana una matassa fatta di verità parziali, di punti di vista differenti, nella quale lo scopo fondamentale quasi si dissolve a favore dell’emersione di stralci di vita, spiragli, attraverso cui si mostrano al lettore episodi del passato prossimo e remoto di tutti i personaggi presenti nel romanzo.
Alla fine il caso non si risolve, la ricerca della verità approda a tante differenti verità ciascuna delle quali ha una sua plausibile spiegazione e collocazione all’interno della vicenda.
E’ notevole in questo libro, la capacità di Mannuzzu di iniziare una narrazione intricata fin dall’inizio, e sapere condurla fino alla fine annodando con sicurezza tutti i fili delle azioni, per ricondurli , in fondo al romanzo, al punto di partenza.
La scrittura è spiazzante: la sintassi è costruita attraverso un labirinto di incisi e subordinate, in cui le descrizioni di pensieri, stati d’animo, le analessi, si intrecciano continuamente, destabilizzando anche il lettore esperto che è costretto a rimanere perfettamente avvinto alla scrittura pena la confusione e la perdita del senso della narrazione.
A complicare ancor più la scrittura, una punteggiatura non canonica con l’uso spregiudicato soprattutto dei due punti, quasi a volere spiegare continuamente le ragioni di azioni apparentemente inspiegabili in un colloquio costante e fitto che il magistrato, protagonista della vicenda, instaura con se stesso. E infatti di questo colloquio interiore la narrazione ha tutte le caratteristiche: il protagonista insegue i suoi pensieri senza curarsi di interlocutori.
Per questo il libro mi è sembrato un’opera di scrittura raffinatissima e difficile ma certamente alla portata di lettori esperti.
Questa scrittura di Mannuzzu in qualche modo mi sbalordisce, nel senso che non somiglia a nessuna delle scritture di autori sardi contemporanei : è caratterizzata da una cifra originalissima che conferisce alla narrazione una sorta di monotonia volutamente livellante quasi che l’autore volesse rappresentare le vicende umane dando a ciascuna di esse la stessa importanza e il medesimo valore: nessuno dei personaggi dice la verità, ognuno ha una sua verità da rivelare importante quanto quella degli altri. Come dire che la ricerca della motivazione della morte è solo un fatto puramente aleatorio e, tutto sommato, anche inutile, che nulla aggiunge e nulla toglie all’infinita vicenda dell’uomo.
Maria Rosa Giannalia
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Il luogo di nascita del Mannuzzu mi è ignoto, nion sarà Pitigliano, storica cittadina del grossetano, nota anche, in poassato, per la comunità ebraica.