di Ninetta Pierangeli

Di Kiley Reid (traduzione dell’inglese “Such a Fun Age”, 2021, Garzanti, Milano)

Era da prima dell’era Covid che non entravo in una biblioteca comunale così per caso e scegliessi dallo scaffale delle novità un libro qualsiasi, guardando copertina e quarta, tanto per passione di leggere e per vedere che cosa si pubblica in giro e, probabilmente si legge. Perché è questo il dramma: qualcuno legge queste narrazioni superficiali, unidimensionali, prive di qualsiasi significanza, allineate identitariamente (ma senza nessuna profondità) sull’ideologia woke. Personaggi caratterizzati soltanto da cosa indossano, dalle serie che vedono, da quanto guadagnano, dalla squadra di basket in cui giocano. Schiacciati sull’esistenza bruta, dove il top della settimana è avere una domenica intera per pittarsi le unghie.

Già il titolo di questo romanzo non è chiaro. Such a Fun Age io  lo tradurrei Un età così divertente. Perché invece L’inganno delle buone azioni? Le ho cercate nel libro queste buone azioni, non ce n’era una. Forse l’inganno delle buone intenzioni? Non c’era neanche quello. L’intenzione doppia e malevola era palese nelle azioni dei personaggi.

La storia di una ragazza coloured che fa la baby sitter, erroneamente e solo per qualche minuto accusata di aver rapito la bambina che invece stava accudendo. Il suo fidanzato, casualmente è l’ex della mamma della bambina e, a quanto pare, gli piacciono le donne nere e ha amici neri, pur essendo bianco. Embé? Lui gira il video di questo equivoco, avvenuto in un supermercato. Embé? La ragazza non vuole che il video sia diffuso. Dietro questa banalità iniziale, tutta un’altra serie di banalità e alla fine la baby sitter diventerà la segretaria di una donna importante. Wow! Che figata! Si può immaginare un traguardo migliore per una ragazza nera, laureata a un college?

Le immagini che questo libro ritrae scorrono davanti agli occhi della mente esattamente come una serie dentro lo schermo del televisore.
Sono felice di non aver letto mai prima romanzi del genere, sono felice di non scriverli. Anche se lei, Kiley Reid, laureata presso l’Iowa Writers’Workshop e anche insegnante di scrittura creativa, probabilmente è ricca e famosa e io né l’uno né l’altro.

Mi dispiace che case editrici importanti, che hanno pubblicato pilastri della nostra letteratura si prestino a questo giochino adolescenziale, deprimente e persino depravante. Depravante per il lettore, che viene trattato come uno sciocco teledipendente, uno di quelli che si attacca tutte le sere a un reality o a X factor. Un editore che imbonisce lettori massificati, schiacciati, direi, come sotto una pressa, sui consumi esibiti come status.

Benvenuta, matura docente di letteratura, nel 2022, ho detto a me stessa, anno 3 B.C. (Before Covid Era)! 

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