Le reali possibilità per uno scrittore esordiente di pubblicare il proprio libro
MARIA ROSA GIANNALIA
Cent’anni di solitudine
di Gabriel Garcia Màrquez
Cent’anni di solitudine
Gabriel Garcia Màrquez
OSCAR MONDADORI
Cari amici, le ferie , credo, siano finite per tutti, ma il nostro piacere per la lettura, che forse ha accompagnato anche le nostre giornate agostane, si è mantenuto intatto e sicuramente richiede qualche altro stimolo per analizzare, come di consueto, un romanzo già letto o da leggere.
Questa volta desidero proporvi Cent’anni di solitudine.
Chi di noi non lo ha letto? Gabriel Garcia Màrquez con la sua meravigliosa scrittura ha incantato un vasto pubblico di lettori di tutto il mondo. E giustamente con questo capolavoro si è aggiudicato il premio Nobel per la letteratura nel 1982.
Oggi alle mie passeggiate letterarie ho invitato un’ospite: ho pensato di proporvi un’analisi accurata condotta da una lettrice particolarmente attenta e precisa: Rosetta Martorana.
Rosetta Martorana è di Palermo e anche lei, come tutti noi, ha la passione per le opere letterarie.
Due parole di presentazione:
Già docente di lettere nelle scuole medie e nelle scuole superiori statali, Rosetta Martorana si è sempre occupata oltre che di letteratura anche di teatro e in particolare esercita questa passione per le rappresentazioni del teatro greco di Siracusa. Potete leggere qui: http://scriverecosa.blogspot.com/search/label/Spettacoli, alcune sue recensioni del dramma antico.
Oggi però vi invito a leggere questa sua bella trattazione sul romanzo di Màrquez, dove Martorana puntualizza con molta chiarezza alcuni degli aspetti più importanti. Potrebbe essere quindi una introduzione e una guida alla lettura del romanzo stesso per chi ancora non l’avesse letto.
Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez
Commento e analisi di Rosetta Martorana
L’epopea lunga cent’anni della famiglia Buendìa viene celebrata da una narrazione asciutta e permeata di magia. Le vite dei personaggi sono governate dalle premonizioni, dai fatalismi, dall’ineluttabile destino, dall’oblio, dall’erotismo e dalla solitudine.
Alcuni cataclismi di portata biblica sconvolgono il microcosmo di Macondo, mentre lo devastano e lo scuotono la follia degli uomini e una miriade di piccoli drammi e di gioie quotidiane.
Qui per un secolo si avvicendano i Buendìa che sono i creatori e i distruttori di questo villaggio dove si arriva attraversando “ nebbiose gole, tempi riservati all’oblio, labirinti di delusione”
Nomi e paesi lontani chiamati “ realismo magico “ in realtà rappresentano la solitudine dell’uomo dinanzi ad un’idea di progresso che lo lascia disarmato di fronte a quei “ giganti “ che condizionano le vite, strappano e impoveriscono le ricchezze e le anime.
Macondo è il villaggio immaginario di un racconto fiabesco ed il mondo è così giovane da far pensare che fosse piatto dove le cose devono avere ancora un nome e per non dimenticare bisogna averle a portata di mano e indicarle con il dito.
La realtà con una sorprendente leggerezza entra nella sfera dell’onirico diventando favola, ma all’improvviso il mondo entra nella dimensione dell’irreale tanto che l’impossibile assume una concretezza molto cruda e così sfuma tutto ciò che appare nei sogni e tutto ciò che è reale.
La ripetitività dei nomi della famiglia Buendìa crea poi il senso dell’immobilismo cronologico e del ripetersi delle vicende che rispecchiano sempre le stesse caratteristiche e i medesimi caratteri umani.
“ CIEN ANOS DE SOLEDAD” è un romanzo del 1967 del Premio Nobel colombiano Gàbriel Garcìa Marquez, considerato tra le opere più significative della letteratura del Novecento.
Narra le vicende della famiglia Buendìa attraverso sette generazioni il cui capostipite di nome Josè Arcadio fonda la città di Macondo sul finire del XIX secolo.
La presenza abbondante di prolessi permette di anticipare drammaticamente gli avvenimenti ancora da narrare conferendo all’opera uno stile elaborato e personale.
Come ebbe a dire lo scrittore argentino Ariel Dorfman in merito al romanzo, “l’individuo è divorato dalla storia e la storia è divorata a sua volta dal mito” perché in esso si succedono i destini inevitabili di una famiglia attraverso una vitalità di un universo di solitudini incrociate.
Rigore formale, frasi sontuose, radici classiche e sperimentazione linguistica afferiscono all’opera un carattere stilistico tutto suo e molto unico tanto che viene considerata il capolavoro dell’autore ancor di più se teniamo conto che è stato realizzato in diciotto mesi e pubblicato originariamente dalla casa editrice Sudamericana a Buenos Aires vendendo in sole due settimane ben ottomila copie.
Tradotto in ben trentasette lingue, furono vendute più di venti milioni di copie.
Il tema della materia trattata e il famoso realismo magico permettono a Cent’anni di solitudine di diventare rappresentativo del boom letterario latinoamericano degli anni 60/70, influenzato dal modernismo europeo e nordamericano e dal movimento letterario cubano Vanguardia.
Gli altri autori coinvolti in questo tipo di esperienza letteraria furono: il peruviano Mario Vargas Llosa, l’argentino Julio Cortàzar e il messicano Carlos Fuentes.
Cent’anni di solitudine è il risultato definitivo di una lunga lavorazione iniziata da giovane perché Màrquez era ossessionato dalla realizzazione di una storia familiare tanto che pubblicò “ appunti per un romanzo” con il titolo: La casa de los Buendìa e per tanto tempo il titolo di lavorazione rimase La casa.
Una parte del romanzo darà vita a Foglie morte.
Gli eventi storici della Colombia moderna, come le polemiche del XIX secolo a favore e contro la riforma politica liberale di uno stile di vita coloniale, il lento inserimento sulla via del progresso, con l’arrivo della ferrovia, del cinema e dell’automobile, la guerra dei mille giorni ( 1899-1902 ), l’egemonia economica della United Fruit Company, nella logica della dottrina Monroe, e la conseguente sanguinosa repressione dello sciopero come politica di relazioni tra governo e classe lavoratrice, vengono presentati attraverso n’interpretazione metaforica che fa rivivere miti e leggende locali per mezzo delle sette generazioni che si inseriscono nel tessuto storico del paese con una narrazione fatta dallo specchio deformante della maschera linguistica.
E’ doveroso far presente che prima della colonizzazione spagnola delle Americhe, la regione corrispondente all’attuale Colombia era abitata dalle popolazioni indigene dei Tairona e dei Muisca, organizzati in clan sotto un potere monarchico.
Nel 1509 Vasco Nùnez de Balboa fondò un insediamento, avanguardia dell’espansione e conquista spagnola.
Questa realtà storica fa capire che non c’era la presenza o lo sviluppo di civiltà come quelle degli Inca peruviani, dei Maya dell’America centrale e degli Aztechi messicani; a causa di ciò Marquez soffre un blocco creativo specialmente dopo la composizione di la mala ora perché nella sua mente va prendendo forma il nuovo capolavoro senza però identificarne le caratteristiche e i concetti fondamentali.
“ Nel 1965 l’autore vive a Città del Messico con la moglie e i figli; nel mese di gennaio, durante le vacanze, sulla strada per raggiungere la località di villeggiatura di Acapulco, ha un’improvvisa visione di come dovrà essere il suo romanzo, in particolare l’incipit e il primo capitolo; ferma la Opel che sta guidando e dice alla moglie che ha finalmente trovato lo stile giusto per la scrittura: utilizzerà il tono narrativo-epico con cui la nonna gli narrava le storie fantastiche della su infanzia. Tornato a casa si chiude nello studio e continua a scrivere per diciotto mesi, pregando la moglie di occuparsi di ogni cosa; Mercedes Barcha farà debiti fino a dodicimila dollari per la conduzione familiare, finché il romanzo non sarà pronto”.
TEMI RICORRENTI :
La solitudine
Prudencio Aguilar, uno dei personaggi del romanzo, sostiene che la solitudine è dunque la condizione di ogni uomo all’interno di questo microcosmo: i vivi si agitano e combattono senza tuttavia muoversi da uno stesso punto e i morti ritornano sulla terra come sagome, così solitarie e affrante che finiscono per diventare amiche di quelli che erano stati in vita i loro peggiori nemici.
Il messaggio finale, che dà tutto il senso della tragedia umana, vuole dimostrare che tutti i fatti vissuti dai vari personaggi fanno capire all’ultimo della stirpe l’essenza dell’incapacità di evolversi.
Nel momento in cui arriva a scoprire che tutto questo è stato pagato con cento anni di solitudine, tramite l’interpretazione delle pergamene di Melquìades, scatta la punizione “ divina “ attraverso un vento biblico che distruggerà ogni traccia del villaggio, ormai centro cittadino, con tutti i suoi abitanti.
In definitiva la storia corale dei Buendìa con l’insieme dei desideri, sogni e speranze, così ricca e intessuta di forti sentimenti, ma molto chiusa nelle sue inconsistenti illusioni, sprofonda nella più sconsolante e irrimediabile solitudine.
Finzione e realtà
Stabilire un confine netto tra la natura estremamente fantasiosa del racconto e gli aspetti reali presenti è molto difficile.
In tutto il romanzo non viene citato il nome della nazione perché la Colombia non era riconosciuta con questa dizione nel primo periodo dell’opera, ma la storia colombiana della seconda metà dell’Ottocento è molto presente con le guerre civili e l’operato della compagnia bananiera.
Molti avvenimenti, posti e persone della vita dell’autore vengono traslati e trasformati nella narrazione medesima. Infatti il villaggio di Aracataca dove visse in parte Marquez è un centro depresso a causa del boom economico bananiero come lo è Macondo.
Molti fatti quotidiani narrati toccano la sfera della dimensione magica come: le apparizioni del fantasma Prudencio Aguilar, dove il confine tra morte e vita non è netto, la levitazione di padre Nicanor Reyna, la capacità di preveggenza del colonnello Aureliano, le apparizioni del fantasma Melquìades che sostiene di essere risuscitato dopo essere morto di febbre a Singapore, la salita al cielo di Remedios la Bella, le farfalle gialle che accompagnano Mauricio Babilonia, l’apparizione dell’Ebreo Errante al vento misterioso distruttore del villaggio, il diluvio che dura più di quattro anni, la pioggerella di minuscoli fiori gialli su tutto il villaggio per un’intera notte etc.
Sono eventi soprannaturali che si mischiano alla quotidianità senza creare contrasti tra chi ci crede e chi no perché si succedono con una semplicità disarmante.
Altre tematiche del romanzo
Oltre al contenuto storico e sociale alcuni critici ravvisano quanto segue:
1) La concezione circolare del tempo crea un eterno presente spezzato solo dalla profezia di Melquìedas;
2) I riferimenti all’esoterismo e all’alchimia, attraverso una struttura linguistico-narrativa, c nasconde e sottintende alcuni significati;
3) Le tematiche psicoanalitiche dell’incesto, tocca il mito di Edipo tanto caro a Freud, vissuto come autodistruzione della stirpe che diventa inevitabile per chi si chiude in una forma di solipsismo;
4) Gli archetipi antropologici di Jung e dei simboli diffusi dell’amore e della morte sono molto presenti nel romanzo.
Del resto Edipo re di Sofocle con i temi della profezia e dell’incesto è una fonte ispiratrice per Màrquez, come ammette lui stesso non solo per “ Cent’anni di solitudine “ ma anche per altre sue opere.
MACONDO
“ Per quanto riguarda l’origine stessa del nome del villaggio, è stato osservato che Makond era anche la denominazione di uno dei villaggi bananieri abitati dai gringos, nei pressi di Aracataca, davanti al quale passa il piccolo Garcìa Marquez quando insieme alla madre si reca a trovare i parenti della stessa, un villaggio chiuso da cinta di filo spinato ( come la cittadina della compagnia bananiera ) attraverso il quale il piccolo Garcìa intravede un’altra realtà a lui sconosciuta, donne belle ed eleganti che abitano case diverse e vivono vite diverse, un villaggio dove vige una legge diversa e stili di vita diversi.
Presumibilmente l’autore dà alla cittadina dei Buendìa questo nome poiché rappresenta il villaggio ideale del bambino ormai diventato scrittore”.
L’atmosfera del romanzo, la sua forza evocativa, le sue immagini, l’universalità del tema principale ( la solitudine ), fanno di Macondo un luogo mitico.
ALCUNE NOTE
Su riviste messicane e colombiane appaiono altre anticipazioni che vengono pubblicate anche a Parigi su Mundo Nuevo per gli emigrati.
La casa editrice “ Sudamericana “ propone la ristampa di alcuni romanzi a G. Marquez che invece presenta la nuova opera la cui prima edizione si esaurisce nel giro di 15 giorni. Arrivano ben 18 contratti di traduzione da tutto il mondo tra cui la casa editrice italiana Feltrinelli.
Nel 1969 il libro vince il “ Prix du Meilleur livre étranger “ e nel 1972 il “ Premio Ròmolo Gallegos “.
Ma Pier Paolo Pasolini stronca totalmente il romanzo:
“ Un altro luogo comune… è quello di considerare Cent’anni di solitudine….di Gabriel Garcìa Màrquez un capolavoro. Ciò mi sembra semplicemente ridicolo. Si tratta del romanzo di uno scenografo o di un costumista, scritto con grande vitalità e spreco di tradizionale manierismo barocco latino-americano, quasi ad uso di una grande casa cinematografica americana ( se ne esistessero ancora ). I personaggi sono tutti dei meccanismi inventati talvolta con splendida bravura da uno sceneggiatore: hanno tutti i “ tic “ demagogici destinati al successo spettacolare. L’autore, molto più intelligente dei suoi critici, sembra saperlo bene.
Non gli era mai venuta in mente fino allora – egli dice nell’unica considerazione metalinguistica del suo romanzo – di pensare alla letteratura come al miglior giocattolo che si fosse inventato per burlarsi della gente…”
A Cartagena nel marzo 2007 durante il IV Congresso internazionale di lingua spagnola Cent’anni di solitudine viene votato come seconda opera più importante mai scritta in spagnolo preceduta solo dal Don Chisciotte della Mancia.
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