L’animale morente

Le reali possibilità per uno scrittore esordiente di pubblicare il proprio libro

MARIA ROSA GIANNALIA

L’animale morente
di Philip Roth

Titolo: L’ossessione, l’erotismo e il  morire in Philip Roth.

   Quando Philip Roth, americano di origini ebree, scrisse il romanzo “L’animale morente” nel 2001 , aveva già al suo attivo la maggiore parte delle sue scritture, in particolare con i suoi precedenti romanzi Pastorale americana nel 1997 con cui aveva vinto il premio Pulitzer facente parte della trilogia Ho sposato un comunista  e La macchia umana. Nella trilogia l’autore indaga e descrive la società statunitense di fine secolo con quanto ancora resta di tutta l’ideologia di quella società e i residui mai sopiti dell’ancora presente razzismo  nei confronti degli afro-americani.

   Con questo romanzo invece, Roth sposta la sua attenzione all’ambito della decadenza del corpo conseguente alla vecchiaia, il  definitivo attenuarsi della potenza sessuale e il suo finire, aspetto importantissimo nell’immaginario maschile di tutti i tempi ma in particolare dopo la rivoluzione sessuale e la liberalizzazione dei costumi a partire dal sessantotto in poi, quando questo aspetto divenne elemento fondamentale  e di libera trattazione nella letteratura non solo statunitense ma mondiale. Joseph Roth ne tratta in maniera peculiare nell’ Animale morente e negli altri due successivi Everymann (2006) e Il fantasma esce di scena (2007).

Nell’animale morente, che analizziamo adesso, Roth ci presenta il suo protagonista prof.  Kepesh ultra sessantenne, divorziato, che ha deciso di non risposarsi per mantenere la sua libertà e potere quindi avere tutte le amanti che desidera. Ha già una vecchia amante, anche lei divorziata, con la quale mantiene rapporti saltuari, quando incontra la giovane e bellissima Consuela Castillo, di origine cubana. Il professore se ne innamora perdutamente. In particolare è attratto in maniera feticistica dai suoi seni grandi e ne rimane affascinato a tal punto che, lui, uomo libero che ha costruito meticolosamente questa sua libertà in modo ossessivo, diventa geloso e maniacale nel volere controllare la sua amante in modo compulsivo. E quando si rende conto di scadere nel ridicolo, cerca di prendere le distanze facendo finta di non cercarla anche per alcuni giorni in modo che sia lei a tornare alla carica. 

   In realtà Kepesh è consapevole della sua età e della sua decadenza fisica e da qui il terrore che la sua giovane amante possa stancarsi di lui e abbandonarlo. Il solo pensiero di tale accadimento lo precipita nella più atroce sofferenza: lui non vive che per questa ragazza, per accarezzare i suoi seni, per possederla intensamente e soprattutto per averla esclusivamente sempre e solo per sé. E’ per questo che la interroga ripetutamente riguardo al suo passato erotico-sentimentale: non sopporta l’idea che anche prima di fare la sua conoscenza, lei possa avere avuto rapporti con altri uomini più giovani e dunque, ossessivamente, ripete con lei gli stessi gesti che, nel suo racconto, Consuela gli svela di avere praticato con i precedenti amanti.  

   Consuela appartiene ad una famiglia cubana altolocata, benestante e immigrata da Cuba dopo la rivoluzione di Fidel Castro. Questa sua famiglia mantiene oltre al benessere economico anche solidi principi religiosi e sociali che la ancorano strettamente alla vita borghese convenzionale.   Il professore Kepesh si tiene molto alla larga dalla famiglia della sua amante, per quanto lei voglia coinvolgerlo nella conoscenza dei suoi genitori. Il professore con diverse scuse glissa sempre, non è interessato alle convenzioni sociali. 

   In seguito all’ultimo dei suoi inviti presso la propria famiglia, in occasione della sua laurea, Consuela, attende il suo amante con ansia e, di fronte alla assenza di quest’ultimo giustificata con una scusa banale, la giovane lo lascia definitivamente. Solo dopo alcuni anni lo rintraccia telefonicamente e chiede di potere andare a trovarlo a casa sua dove lo informa del suo atroce problema piangendo disperatamente. Consuela infatti è ammalata di cancro al seno e dovrà subire una mastectomia necessaria. Verrà colpita proprio in quella parte del corpo simbolo assoluto della femminilità e oggetto feticistico della passione del suo amante. Gli chiede di fotografare il suo corpo nudo in diverse posizioni, in particolare il seno, oggetto del desiderio dell’uomo.

Ciò che colpisce in questo romanzo è l’insistita e ricorrente descrizione minuziosa e particolareggiata degli atti sessuali che conferiscono al romanzo una forte carica erotica al limite della pornografia. Il lettore attento, anche se non conosce nulla della precedente produzione di Roth, si accorge presto, andando avanti con la lettura, che l’erotismo è il pretesto per una ricerca,  nella scrittura di questo autore, molto determinata a comprendere prima e a svelare poi il senso ultimo dell’essenza umana proprio nel corpo materiale, nella carne in cui esso consiste, all’interno di ciò che di più importante l’umanità di tutti i tempi ha riconosciuto come l’essenza della vita stessa, vale a dire l’amore. E, naturalmente, la sua compagna ineluttabile: la morte. 

Mi è sembrato che in questo libro più che in altri, il tòpos amore-morte ricorra a livelli parossistici. Sicchè la rappresentazione della sessualità nelle sue forme ossessive assume un aspetto peculiare: andare a ricercare quale senso assume per un uomo il sesso come forma di conoscenza assoluta della propria amante.

   Mi pare infatti che questo sia il tarlo che rode a fondo la personalità del professor Kepesh: trovare nell’attimo clou del coito il ricongiungimento con l’infinito in quella piccola morte che realizza nel corpo dell’uomo, quel distacco temporaneo dalla vita materiale e che proietta quest’ultimo in una dimensione altra da indagare e conoscere. E se questo è il modo, allora questo personaggio nella fiction del romanzo assurge a prototipo di quell’universo maschile da cui l’uomo in tutti i tempi e in tutte le letterature non sì è mai potuto affrancare. 

   D’altra parte la letteratura classica insiste molto sul binomio amore-morte: Ovidio nelle Metamorfosi ce ne parla drammaticamente, i tragici greci ne fanno addirittura il tema fondamentale delle loro rappresentazioni teatrali – Medea, Fedra, per citare qualche esempio – e Virgilio nel mito di Orfeo ed Euridice delle Georgiche, tutta la letteratura sviluppa in molta sua parte questo tòpos.

   Quindi non è nuova questa presenza in campo letterario. Ma ciò che avvince il lettore all’Animale morente è la forza con la quale il suo autore manovra la materia trattata per penetrare il mondo dell’immaginario maschile nei confronti della donna. Ed è curioso come il professor Kepesh, consapevole della sua carne in disfacimento, della vecchiaia che tende a rifuggire immergendosi nel corpo giovanissimo della sua amante, alla fine debba assistere all’altro disfacimento: non del suo corpo ma di quello di Consuela che egli ha conosciuto intatto , sano, vitale. 

   Kepesh non vuole assistere al disfacimento né del suo corpo né di quello della sua amante, sarebbe come  morire definitivamente. Ma non è la morte definitiva che lui va cercando né l’annullamento di sé, al contrario l’eternarsi e il risorgere continuamente dopo avere esperito il corpo dell’altra. Ma sa bene che questa passione è infinita ed è in questo infinito desiderare e sperimentare che sta il senso del vivere, ma anche tutta la sofferenza del vivere. E anche questo aspetto fa parte del tòpos classico , laddove ad esempio anche Lucrezio nel De rerum natura ce ne parla: l’amore passionale è dannoso, ci dice, poiché implica nell’amante uno squilibrio dei sensi che non si placano finché i due amanti non si siano totalmente pasciuti del loro reciproco corpo, finché non si siano divorati. E a questo tipo di amore contrapponeva il suo quadrifarmaco a cui l’uomo, per vivere sereno, doveva attenersi. Il primo dei quali era, appunto , la vittoria sulle passioni.

Ma lo stoicismo non abbonda nella letteratura moderna , meno che mai nell’opera di Roth. Pertanto,  Kepesh non si arrenderà mai all’abbandono di Consuela.

   Infatti, nell’imminenza dell’intervento,  Consuela  chiama l’amante presso di  sé con una telefonata notturna nel cuore della notte. Ed ecco affiorare nuovamente, in questa ultima scena del romanzo, tutta la carnalità nel trionfo della salute prima e adesso nel disfacimento che si concluderà con la morte.       

   Il dualismo amore-morte che costituisce il leit-motiv della narrazione di Roth.

 E quando la sua vecchia amante lo scongiura di non rispondere alla chiamata della ragazza che lo implora di andare a trovarla, così si rivolge a lei che cerca di trattenerlo:

Devo andare, vuole che vada da lei. Vuole che dorma nel suo letto. Non ha mangiato nulla in tutto il giorno. Deve mangiare. Bisogna nutrirla. Tu? Rimani, se vuoi. Se vuoi restare, se vuoi andare via…

Guarda non c’è tempo devo scappare!

“ Non farlo”

Cosa?

“Non andare”

Ma devo. Qualcuno deve restare con lei.

“Troverà qualcuno.”

E’ terrorizzata. Io vado.

“Pensaci. Rifletti. Perché se ci vai, sei finito”-

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