IL QUARTO TESTIMONE

Le reali possibilità per uno scrittore esordiente di pubblicare il proprio libro

MARIA ROSA GIANNALIA

IL QUARTO TESTIMONE
di Paolo Pinna Parpaglia

IL QUARTO TESTIMONE

Paolo Pinna Parpaglia

La passeggiata letteraria di oggi ci riporta in Sardegna, terra libera, aperta, ventosa e uguale a nessun’altra, con i suoi paesaggi aspri e vergini, la sua luce, i suoi spazi immensi. E la città di Cagliari, il suo capoluogo.
In questo ambiente si incardina la storia che Paolo Pinna Parpaglia offre ai suoi lettori, una storia che è molto di più di un giallo nel cui genere il romanzo viene rubricato. Del giallo classico ha le caratteristiche, la suspance, il mistero, i personaggi, insomma tutto ciò che concorre a farne una lettura gradevole e di intrattenimento.
Tuttavia questo libro esula dai soliti cliché per alcuni motivi che qui di seguito verranno enucleati.
Le tematiche, ad esempio.
La narrazione si apre con una descrizione fittissima di cose e di atmosfere: fin dall’incipit il lettore viene catapultato nel caos di una infinita città africana: Lagos, capitale della Nigeria e luogo di provenienza del protagonista Echenim Destiny, un giovane di colore che decide di cambiare vita, di emigrare, di tentare la via del Mediterraneo alla ricerca di opportunità esistenziali più degne di un uomo. Non ci riuscirà, per lo meno non subito: sarà costretto alla trafila misera e pericolosa di tutti gli altri immigrati, lo sfruttamento, le torture, la quasi-schiavitù inevitabile per chi vuole cambiare la sua sorte, quasi una Ybris che anche in Africa funziona nello stesso modo che altrove. E se questo uomo è un omosessuale, allora la fuga dalla sua città natale è proprio obbligata, poiché il suo futuro sarebbe solo quello di soccombere insieme al compagno amato.

Questa è la tematica di fondo, quella che attraversa il libro e conferisce alla narrazione la necessità della sua esistenza e l’interesse per la lettura. La vita di Echenim si intreccia, una volta approdato in Sardegna, tramite le solite -ormai quasi scontate- vicissitudini, con quella di un’avvocatessa Antonella Melas, vittima nel suo passato anche lei di un folle quanto ingiustificato attentato che l’ha tenuta in coma per parecchio tempo e dal quale è uscita miracolosamente segnata nell’anima e nel corpo.

I due verranno a contatto a causa di un omicidio di cui viene accusato Echenim . L’avvocatessa Melas sarà il suo difensore per volontà di una sua amica e collega alla quale era stato A volte affidato in un primo momento l’incarico.

Questa difesa dell’imputato Destiny costituirà per Antonella Melas il mezzo di riscatto da una vita avviata verso la disperante solitudine e il declinare di tutte le sue precedenti attività, cosa cui il nuovo stato di rediviva dal coma l’avrebbe costretta per sempre, come lei stessa pensava che sarebbe stato.

Ecco quindi affiorare l’altra interessante tematica: la condizione psicologica di una donna stroncata da un ingiusto destino che trova il modo di restituirsi alla vita e alla professione.

Intorno ai due protagonisti si affollano numerosi altri personaggi: l’avvocato famoso e di grido, alcuni giovani dello strato incolto e becero dell’hinterland cagliaritano, il gestore di un bar di Sestu, piccolo paese a ridosso della città, un ambiente pseudo politico  fatto di convinzioni superficiali e stereotipate piuttosto che di convinzioni profonde, la condizione dura degli immigrati, la violenza cui sono sottoposti, la remissività come estrema forma di difesa dalla violenza perpetrata gratuitamente su di loro, la voglia di vivere nonostante tutto e la ricerca della bellezza in tutto questo mondo arido e privo di umanità.

Paolo Pinna  Parpaglia racconta tutto questo con grazia, con una prosa lieve e empatica che cattura il lettore e lo incolla alla pagina fino alla parola fine.

Perché quando una narrazione sa accogliere all’interno di un genere – il giallo in questo caso – una architettura molto onesta della storia proposta con una scrittura in grado di variare il registro linguistico a seconda di chi parla a chi, a me sembra che si avvicini all’optimun della scrittura, la quale deve sapere coniugare la verosimiglianza con la coesione interna della trama e con la capacità di non scantonare nella parte conclusiva, quando, per stupire il lettore, si trovano espedienti narrativi più incoerenti che plausibili.

Ripeto: questo è un romanzo giallo onesto che non raggira i lettori ma li coinvolge anche nella fase della trattazione giuridica del dibattimento al quale è dedicata tutta l’ultima parte. I ragionamenti deduttivi degli avvocati, i rilievi e le focalizzazioni sulle prove degli atti, i ragionamenti sul diritto, mi fanno pensare ad un apparentamento – per restare nella tradizione del giallo sardo – non tanto ai triller e al noir dei molti scrittori isolani, quanto alla lettura e agli insegnamenti di Salvatore Mannuzzu, uno scrittore davvero eccelso nel panorama letterario dell’isola.

Maria Rosa Giannalia

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